Come un’antica boccetta di profumo: il fascino segreto di Galleria Sciarra, bomboniera liberty nel cuore di Roma
- Federico Bertozzi
Concepita dall’architetto Giulio De Angelis come passaggio coperto fra la parte residenziale di Palazzo Sciarra Colonna, in via del Corso, e l’ala lavorativa del quartiere, destinata ad ospitare le nuove redazioni del quotidiano Ā«La TribunaĀ» e della rivista letteraria “Cronaca Bizantina”, Galleria Sciarra, edificata fra 1886 e 1888, integra la razionalitĆ costruttiva con uno sfarzoso apparato decorativo eclettico firmato dal pittore Giuseppe Cellini: un luogo magico, che incanta il visitatore riportandolo alla Roma antica e moderna di fine Ottocento.
Ā«Sotto il grigio diluvio democratico odierno, che molte belle cose e rare sommerge miseramente, va anche a poco a poco scomparendo quella special classe di antica nobiltĆ italica, in cui era tenuta viva di generazione in generazione una certa tradizion familiare d’eletta cultura, d’eleganza e di arte. A questa classe, ch’io chiamerei arcadica perchĆ© rese a punto il suo piĆ¹ alto splendore nell’amabile vita del XVIII secolo, appartenevano gli Sperelli. L’urbanitĆ , l’atticismo, l’amore delle delicatezze, la predilezione per gli studi insoliti, la curiositĆ estetica, la mania archeologica, la galanteria raffinata erano nella casa degli Sperelli qualitĆ ereditarie.Ā»
Ā
(Gabriele D’Annunzio, Il Piacere, 1889)
C’ĆØ un posto speciale, nel cuore di Roma, dove l’aria rarefatta e preziosa del decadentismo italiano si ĆØ conservata intatta, come in un’antica boccetta di profumo, e si puĆ² ancora respirare. Esiste ancora un angolo di cittĆ , sottratto alle luci e ai rumori del traffico e dello shopping, in cui il visitatore atipico, interessato a scoprire una cittĆ diversa dall’Urbe dei cesari e dei papi, puĆ² azionare la macchina del tempo e tornare alla capitale antica e moderna del regno umbertino, sospesa fra telefono e lettere vergate a piuma d’oca, fra treno a vapore e carrozza a cavalli, fra privilegi aristocratici e primi venti di socialismo. Sulle pareti sfarzose di Galleria Sciarra, vero e proprio scrigno privato di una delle piĆ¹ potenti famiglie nobiliari capitoline, impegnata in politica ma giĆ proiettata nell’imprenditoria, il liberty italiano fin de siĆØcle trova la sua ragion d’essere e si fa manifesto figurativo, fissando ad encausto ciĆ² che la donna dell’alta societĆ avrebbe dovuto essere. E possiamo immaginare che al conte Andrea Sperelli lo spettacolo sarebbe piaciuto.
Roma, 1871: l’Italia unita (contro il papa),
un’antica famiglia patrizia e
le sfide di un tempo nuovo
Con la sua forte carica borghese ed anticlericale, l’UnitĆ d’Italia mise in crisi gli equilibri di potere degli stati preunitari. Lo fece anche nel vecchio Stato Pontificio, ovviamente, dove famiglie di antichissima tradizione patrizia come i Colonna di Sciarra, che, in seno alla societĆ papalina, potevano vantare una posizione di preminenza fin dal XII secolo, essendo riusciti, nel tempo, ad esprimere innumerevoli personalitĆ illustri, come letterati, filosofi, mecenati, condottieri, cardinali, e, addirittura, perfino un papa, Martino V, si ritrovarono improvvisamente senza protettori, costretti a doversi costruire una nuova posizione di prestigio agli occhi di un nuovo sovrano.
Sopra: una bella immagine di primissimo ‘900 del portone della Zecca, in via delle Fondamenta, accesso alle pertinenze posteriori della basilica di San Pietro in Vaticano. Dall’annessione dello Stato della Chiesa, nel 1870, alla firma dei Patti Lateranensi, nel 1929, i cinque pontefici che si succedettero non riconobbero lo Stato italiano, considerandosi prigionieri di un’occupazione illegale: in segno di protesta, da Pio IX fino a Pio XI, nessun papa lasciĆ² le mura leonine, affidandosi alla protezione delle fedeli guardie svizzere. [Ricordo di Roma – 30 vedute, s.n.t., tav. 4]Ā
Un principe fuori dagli schemi:
Maffeo Barberini Colonna di Sciarra
Figlio postumo di Maffeo, settimo principe di Carbognano, e di Carolina d’Andrea dei marchesi di Pescopagano, principessa napoletana di ardente fede legittimista, che nel 1863 sarebbe addirittura finita a processo per cospirazione contro il neonato Regno d’Italia, Maffeo Barberini Colonna di Sciarra (1850-1925) nacque a Roma nel settembre 1850. Sopraggiunta l’unificazione, il giovane si rese rapidamente conto che, per conservare lo status familiare e rivestire un ruolo di peso nell’aristocrazia sabauda, era necessario inserirsi con convinzione nei suoi meccanismi politici ed economici. Nella prima direzione, nel 1882 decise di candidarsi alla Camera dei Deputati per la circoscrizione dell’Aquila, venendo eletto fra i banchi della XV legislatura e sostenendo, nei vivaci dibattiti dell’epoca, le posizioni istituzionali e filomonarchiche della cosiddetta āpentarchiaā, in aperta critica al trasformismo di Agostino Depretis. Nella seconda direzione, invece, scelse di gettarsi appieno nel fervente clima imprenditoriale del tempo, identificando il proprio terreno d’azione nell’editoria.
Un palazzo cinquecentesco, un quotidiano e l’avveniristica idea di una casa-bottega
Fu cosƬ che, dopo aver contribuito alla sua fondazione, quattro anni prima, nel 1887 il principe Maffeo rilevĆ² la proprietĆ del quotidiano Ā«La TribunaĀ», autorevole organo di stampa della pentarchia. Sostituito Luigi Roux con Attilio Luzzatto nelle vesti di direttore, l’intraprendente rampollo della nobiltĆ romana decise di sottolineare l’acquisizione con il trasferimento fisico della testata all’interno di palazzo Sciarra Colonna, magnifica residenza tardo-cinquecentesca affacciata su via del Corso, gioiello di famiglia a due passi dalla fontana di Trevi. Roma, al tempo, aveva da poco preso il posto di Firenze come capitale del Regno d’Italia, e la cittĆ , in continua crescita demografica, doveva darsi un’aria all’altezza del suo nuovo ruolo: servivano viali ampi ed eleganti, ma anche vasti quartieri residenziali e lavorativi per un apparato burocratico dai gusti raffinati, e l’Urbe era tutta un brulichio di cantieri. Nel bel mezzo di questo fervore modernizzatore, anche il principe Colonna di Sciarra non perse tempo, ed incaricĆ² il celebre architetto Giulio De Angelis, maestro della ghisa e del liberty di gusto inglese, di provvedere ad una grande ristrutturazione di tutto il quartiere.
Sopra: manifesto pubblicitario de Ā«La TribunaĀ» per la campagna abbonamenti 1897, opera del maestro del cartellonismo liberty Giovanni Maria Mataloni (1869-1944). Parte delle collezioni grafiche del Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso, il cartellone esalta sia l’efficienza della redazione, fra le prime, a livello nazionale, a poter vantare collegamenti telegrafici con corrispondenti ed inviati speciali, sia la produttivitĆ degli impianti tipografici, che, primi in Italia ad utilizzare per la composizione macchine a linotipo, raggiunsero al volgere del secolo la ragguardevole tiratura di 200.000 copie quotidiane: a diffondere i numeri freschi di rotative, avvolta nella bandiera, ĆØ addirittura l’Italia in persona.
Sopra: palazzo Sciarra Colonna in una splendida incisione di Alessandro Specchi (1666-1729) del 1699. Di fondazione cinquecentesca, la struttura, che sorgeva in un’area di antica urbanizzazione romana, era in realtĆ composta da due corpi distinti: il “Palazzetto”, piĆ¹ alto, pensato per scopi di rappresentanza (visibile sulla destra), ed il “Palazzo imperfetto”, meno aggraziato, destinato all’alloggio di servi, amministratori e, occasionalmente, parenti (osservabile sulla sinistra). Caratteristica piĆ¹ notevole del complesso, opera dell’architetto vercellese Antonio Labacco (1495-1570), era il magnifico portale d’ingresso della parte nobile, vero capolavoro di finitura e proporzione: creduto, un tempo, un unico, gigantesco pezzo di marmo, era esaltato, assieme al “cembalo Borghese”, al “dado Farnese” ed alla scala Caetani, fra “le quattro meraviglie di Roma” assolutamente da vedere, e colpisce ancora oggi per la sua eleganza. Uniti nel 1610, i due stabili si differenziarono ancor di piĆ¹ con gli interventi di Orazio Torriani (1578-1657), chiamato a dirigere il cantiere nel 1641: sua, la monumentale risistemazione della facciata del “Palazzetto”, con l’aggiunta dei cantonali bugnati e del cornicione a mensole. Rinnovato quindi in chiave settecentesca – sia dentro che fuori – dall’architetto napoletano Luigi Vanvitelli (1700-1773), il “Palazzetto” fu infine rivisto nel tardo Ottocento, durante i lavori di ampliamento di via del Corso: demolito il “Palazzo imperfetto” per l’apertura di via Minghetti, nel 1882, il noto principe Maffeo volle compensare le superfici perse allargando il quartiere sul lato opposto, verso via delle Vergini, finanziando, di fatto, il gigantesco ampliamento del fabbricato fino al teatro Quirino, contestualmente riedificato in muratura sotto la regia di Giulio De Angelis.
1882-1898: un quartiere si rifĆ il trucco
Il passo iniziale, fortemente voluto dal Comune, fu l’apertura di un nuovo accesso alla fontana di Trevi: via Minghetti, lungo il lato nord del quartiere, costruita nel 1882. Subito dopo, venne il rifacimento del teatro Quirino, su via delle Vergini, ad est: primo investimento del principe nel campo dello spettacolo, aveva aperto i battenti nel 1871, e, giĆ su progetto di De Angelis, presentava originariamente una struttura in legno, destinata ad accogliere operette e pulcinellate. Volendo conferirgli nuova classe, l’architetto lo rivide quindi in chiave neoclassica, con pianta a ferro di cavallo, due ordini di palchi e signorili colonnine in ghisa: i lavori si sarebbero conclusi soltanto nel 1898, con il completamento degli sfarzosi arredi interni, che prevedevano drappi, velluti e stucchi dorati, in perfetto stile Belle Ćpoque.
Sopra, a sinistra: posizione del quartiere Colonna su una mappa panoramica di Roma (con il nord in basso). Fra la massa di palazzo Sciarra Colonna, affacciato su via del Corso, e l’emiciclo del teatro Quirino, su via delle Vergini, si noti lo stretto passaggio coperto di Galleria Sciarra. Sopra, a destra: in arancio, l’estensione del quartiere Colonna su una mappa stradale di Roma (con il nord in alto) – al centro, l’attraversamento di Galleria Sciarra. Poco sopra, in azzurro, si osservi l’ingombro degli storici magazzini Rinascente (oggi Zara), altro capolavoro liberty di Giulio De Angelis affianco a palazzo Chigi, a 200 metri su via del Corso in direzione nord.
Sopra: posizione del quartiere Colonna su una mappa panoramica di Roma (con il nord in basso). Fra la massa di palazzo Sciarra Colonna, affacciato su via del Corso, e l’emiciclo del teatro Quirino, su via delle Vergini, si noti lo stretto passaggio coperto di Galleria Sciarra. Sotto: in arancio, l’estensione del quartiere Colonna su una mappa stradale di Roma (con il nord in alto) – al centro, l’attraversamento di Galleria Sciarra. Poco sopra, in azzurro, si osservi l’ingombro degli storici magazzini Rinascente (oggi Zara), altro capolavoro liberty di Giulio De Angelis affianco a palazzo Chigi, a 200 metri su via del Corso in direzione nord.
A metĆ strada fra via del Corso e via delle Vergini, sul lato lungo dell’isolato, si apre ancor oggi quello che fu sicuramente l’intervento piĆ¹ originale di De Angelis al quartiere Colonna: Galleria Sciarra, un singolare passaggio coperto fra via Minghetti e piazza dell’Oratorio, concepito per collegare, come una sorta di patio segreto, al riparo dalla pioggia e dalla confusione della grande cittĆ , l’ala del palazzo destinata a residenza privata, con quella adibita a redazione del quotidiano Ā«La TribunaĀ» e, successivamente, anche della prestigiosa rivista letteraria āCronaca Bizantinaā. Edificata fra 1886 e 1888, l’opera rappresenta un unicum nella geografia del tardo Ottocento romano, nonchĆ© uno degli esempi piĆ¹ riusciti di integrazione fra architettura ed arte decorativa dell’intero liberty europeo.
Come illustrazioni sulle pagine di un libro:
i fantastici affreschi eclettici di Giuseppe Cellini
Da un punto di vista strettamente architettonico, la galleria si presenta come un cortile quadrangolare coperto, con vani d’ingresso su via Minghetti e piazza dell’Oratorio, impreziositi da slanciati colonnini in ghisa, all’interno del quale affacciano i cinque piani del corpo centrale di palazzo Sciarra Colonna. Ma, per quanto innovativo sia stato il contributo di De Angelis, che, nel progetto, riversĆ² esperienze maturate sul cantiere del vicino palazzo Bocconi, di fronte a palazzo Chigi, noto per essere stato, per lunghissimi anni, sede romana dei primi magazzini italiani di moda prĆŖt-Ć -porter “Aux villes d’Italie”, quindi “La Rinascente”, oggi ĆØ l’imponente apparato decorativo eclettico, opera maestra del pittore romano Giuseppe Cellini (1855-1940), a lasciare il visitatore letteralmente a bocca aperta.
Sopra, a sinistra: palazzo Bocconi, altro capolavoro liberty di Giulio De Angelis su via del Corso, in un’incisione del 1894. Terza sede nazionale dei magazzini “Aux villes d’Italie”, quindi “La Rinascente”, il complesso, costruito fra 1886 e 1889, prendeva a modello i centri commerciali “Printemps” e “Le Bon MarchĆ©” di Parigi. Vero concentrato di soluzioni tecniche innovative, l’edificio, a livello strutturale, presentava un’insolita combinazione di muratura e metallo, caratteristica che rendeva possibile un interno particolarmente luminoso. Primo palazzo di Roma dotato di ascensori idraulici, vantava altresƬ una fantastica illuminazione elettrica, alimentata da una centrale a gas sotterranea: nel 1937, sarebbe stato anche il primo magazzino d’Italia dotato di scala mobile. [Gustavo Strafforello, La Patria. Geografia dell’Italia, vol. XV (Provincia di Roma), Unione Tipografico-Editrice, Torino 1894, p. 304] Sopra, a destra: ritratto fotografico del pittore romano Giuseppe Cellini (1855-1940). Figlio di un miniatore, studiĆ² all’Accademia di Belle Arti di Roma, quindi al Museo Artistico Industriale, riuscendo sempre ad affiancare ai progetti d’arte una brillante carriera di insegnante, diviso fra Italia e Portogallo. Membro del gruppo “In arte libertas”, amico di Gabriele D’Annunzio, collaborĆ² attivamente con la redazione della “Cronaca bizantina” – disegnandone, fra le altre cose, la copertina -, ed eccelse nell’illustrazione e nell’affresco. Suo fratello Pio (1863-1930) fu valente scultore e cesellatore.
Sopra: palazzo Bocconi, altro capolavoro liberty di Giulio De Angelis su via del Corso, in un’incisione del 1894. Terza sede nazionale dei magazzini “Aux villes d’Italie”, quindi “La Rinascente”, il complesso, costruito fra 1886 e 1889, prendeva a modello i centri commerciali “Printemps” e “Le Bon MarchĆ©” di Parigi. Vero concentrato di soluzioni tecniche innovative, l’edificio, a livello strutturale, presentava un’insolita combinazione di muratura e metallo, caratteristica che rendeva possibile un interno particolarmente luminoso. Primo palazzo di Roma dotato di ascensori idraulici, vantava altresƬ una fantastica illuminazione elettrica, alimentata da una centrale a gas sotterranea: nel 1937, sarebbe stato anche il primo magazzino d’Italia dotato di scala mobile. [Gustavo Strafforello, La Patria. Geografia dell’Italia, vol. XV (Provincia di Roma), Unione Tipografico-Editrice, Torino 1894, p. 304] Sotto: ritratto fotografico del pittore romano Giuseppe Cellini (1855-1940). Figlio di un miniatore, studiĆ² all’Accademia di Belle Arti di Roma, quindi al Museo Artistico Industriale, riuscendo sempre ad affiancare ai progetti d’arte una brillante carriera di insegnante, diviso fra Italia e Portogallo. Membro del gruppo “In arte libertas”, amico di Gabriele D’Annunzio, collaborĆ² attivamente con la redazione della “Cronaca bizantina” – disegnandone, fra le altre cose, la copertina -, ed eccelse nell’illustrazione e nell’affresco. Suo fratello Pio (1863-1930) fu valente scultore e cesellatore.
Influenzato dalle liriche del poeta e critico letterario savinese Giulio Salvadori (1862-1928), che ne mise a punto il programma iconografico, il vasto ciclo murale di galleria Sciarra ĆØ concepito come uno sfarzoso omaggio figurativo al ruolo della donna nella societĆ , filtrato, naturalmente, dalle lenti dell’alta borghesia romana di fine Ottocento. Nell’ordine pittorico al terzo piano, intervallate da finestre e da eleganti lesene decorate a temi floreali di spiccato gusto rinascimentale, troviamo, quindi, dodici signorili figure di donna, che, sovrastate da cartigli, morbide e a tratti severe come in un quadro preraffaellita, rimandano ad altrettante, tradizionali virtĆ¹ femminili: āBenignaā (āLa Benignaā), āDominaā (āLa Signoraā), āAmabilisā (āL’Amabileā), āFidelisā (āLa Fedeleā), āMisericorsā (āLa Misericordiosaā) e āIustaā (āLa Giustaā), sul lato est, e āPudicaā (āLa Pudicaā), āSobriaā (āLa Sobriaā), āPatiensā (āLa Pazienteā), āFortisā (āLa Forteā), āHumilisā (āL’Umileā) e āPrudensā (āLa Prudenteā), sul lato ovest.
Sopra: particolare degli affreschi della sezione destra della parete est della Galleria. Raffinato incontro di classicismo e naturalismo tardottocentesco, i quadri murali di Cellini stanno all’opera di De Angelis come le illustrazioni alle pagine di un libro. Un libro aperto sui gusti dell’alta borghesia romana di epoca umbertina.
Ancora scandite da finestre e lesene, all’ordine inferiore, riconosciamo invece nove raffinate scene, che, riprendendo i canoni dell’educazione borghese del tempo, in un tripudio di decorazioni di sapore etrusco e romano, glorificano la donna in altrettante occupazioni della vita quotidiana: āLa conversazione galanteā, āLa toelettaā, āIl matrimonioā (scena doppia, divisa a metĆ dalla finestra centrale) e āLa cura dei figliā (scena doppia), sul lato est, āLa cura del giardinoā, āLa conversazioneā, āIl pranzo domesticoā (scena doppia), āIl trattenimento musicaleā e āL’esortazione della caritĆ ā, sul lato ovest. All’interno de āLa conversazione galanteā, secondo la critica, nelle vesti di corteggiatore, che, in effetti, non gli erano inconsuete, Cellini avrebbe nascosto un ritratto dell’amico Gabriele D’Annunzio, che, non a caso, nel 1885, dunque un anno prima dell’inizio dei lavori alla galleria, era stato chiamato proprio dal principe Maffeo a dirigere la āCronaca Bizantinaā.
Copertina della Ā«Cronaca bizantinaĀ» del 20 dicembre 1885. Parte del ānuovo corsoā inaugurato da Gabriele DāAnnunzio al momento della sua nomina a direttore della testata, avvenuto poche settimane prima, il restyling visivo della prestigiosa rivista culturale, che, di lƬ a poco, avrebbe trovato nuova sede editoriale e tipografica proprio nel quartiere Colonna, fu opera di Giuseppe Cellini: il Vate stesso ebbe a lodarne le Ā«Grazie bizantinamente ammantateĀ» della prima pagina, che anticipavano i raffinati estetismi letterari che i lettori avrebbero trovato allāinterno.
Se, in alcuni scudi dipinti sui pilastri d’angolo fra i vani d’accesso e il cortile, il principe Maffeo fece apporre le proprie iniziali (āMSā), oltre allo stemma nobiliare dei Colonna di Sciarra, ĆØ proprio all’interno del ciclo murale sulla quotidianitĆ della donna, che il committente volle inserire il richiamo forse piĆ¹ intimo e segreto alla propria sfera affettiva. Un omaggio, fissato ad encausto, alla prima e alla piĆ¹ importante delle donne della sua vita: la madre, Carolina Colonna di Sciarra, ricordata, con le lettere āCSCā, al centro di eleganti scudi dorati che sovrastano tutte le scene del registro inferiore, con l’eccezione de āIl pranzo domesticoā e āIl matrimonioā.
Sopra, a sinistra: Particolare del pilastro all’angolo nord-est del cortile, verso il vano d’ingresso – gli scudi dipinti con le iniziali del principe Maffeo e lo stemma di famiglia dei Colonna di Sciarra. Sopra, a destra: Particolare del ciclo di affreschi sulla vita quotidiana della donna – lo scudo con le iniziali di Carolina Colonna di Sciarra. Il dettaglio si ripete in ogni scena del registro, eccezion fatta per “Il pranzo domestico” e “Il matrimonio”.
Sopra: Particolare del pilastro all’angolo nord-est del cortile, verso il vano d’ingresso – gli scudi dipinti con le iniziali del principe Maffeo e lo stemma di famiglia dei Colonna di Sciarra. Sotto: Particolare del ciclo di affreschi sulla vita quotidiana della donna – lo scudo con le iniziali di Carolina Colonna di Sciarra. Il dettaglio si ripete in ogni scena del registro, eccezion fatta per “Il pranzo domestico” e “Il matrimonio”.
Galleria Sciarra, meta imperdibile per un viaggio anticonformista
Durante i restauri di fine anni ’70, per ragioni di sicurezza, Galleria Sciarra fu rinforzata con elementi in calcestruzzo, tali, tuttavia, da preservarne l’aspetto originario: sia gli elementi architettonici che il sontuoso apparato decorativo furono rispettati, e la struttura ĆØ potuta giungere fino a noi in uno stato di conservazione invidiabile. Il prezioso cortile, vero capolavoro di Giulio De Angelis, che, per il principe Maffeo, avrebbe in seguito realizzato anche i progetti di villa Sciarra, sul colle del Gianicolo, appartiene oggi ad un’area privata destinata ad uffici, ed ĆØ accessibile al pubblico in orario di lavoro.
Fuori dalle rotte turistiche piĆ¹ battute, concentrate sulle rovine antiche e sulle grandeggianti bellezze della capitale papalina, Galleria Sciarra si presenta oggi come un tesoro tutto da scoprire, uno scrigno di luce e di eleganza riservato al turista controcorrente, una perla liberty nascosta nel cuore di Roma.
Informazioni pratiche per la visita
Per il turista controcorrente, interessato a scoprire una Roma diversa dall’Urbe latina e dalla capitale mondiale del cristianesimo, i magnifici affreschi di Galleria Sciarra possono essere il punto di partenza ideale. Il primo, incantevole passo di un viaggio all’indietro nel tempo alla volta di una Roma meno nota e pubblicizzata, ma, forse, ancora piĆ¹ sorprendente: la Roma elegante e misteriosa del liberty e dell’eclettico. Una stagione di grande dinamismo, in cui la cittĆ laziale, chiamata al nuovo ruolo di capitale dell’Italia unita, volle ārifarsi il truccoā, ammaliata dalle recenti tendenze decorative inglesi e francesi. E se la committenza borghese ed aristocratica prese ad incaricare giovani e talentuosi architetti di realizzare per lei piccoli-grandi rifugi segreti dalla vita frenetica della metropoli, com’ĆØ il caso del principe Giovanni Torlonia con Enrico Gennari, progettista dell’incantevole Casina delle Civette, deliziosa oasi neomedievale all’interno del parco di Villa Torlonia (a circa 4 km da Galleria Sciarra, in quartiere Nomentano), impreziosita da maioliche, ferri battuti, boiseries e dalle sognanti vetrate di Duilio Cambellotti, comunitĆ religiose come quella ebraica, presenti a Roma da tempi antichissimi, colsero l’occasione delle libertĆ concesse loro dallo Statuto albertino, per finanziare nuovi, monumentali edifici di culto, naturalmente aggiornati ai piĆ¹ freschi gusti artistici europei, come accadde con il grandioso Tempio Maggiore israelitico di Lungotevere de’ Cenci (a circa 1.5 km da Galleria Sciarra, in rione Sant’Angelo), edificato fra 1901 e 1904 in stile eclettico orientale, con affreschi e magnifiche vetrate policrome a firma di Cesare Picchiani. Radicali restauri e costruzioni ex novo, di singoli edifici come pure di interi quartieri, confezionati su misura per le sofisticate esigenze dei quadri amministrativi trasferitisi a Roma con l’unificazione, simboli tangibili della maturitĆ e della grandezza del nuovo stato italiano. Per completare il tour della Roma fin de siĆØcle, in questo senso, ĆØ d’obbligo un’ultima tappa: una visita diffusa al Quartiere CoppedĆØ, a poco piĆ¹ di 4 km da Galleria Sciarra, non lontano da Villa Torlonia, fantastico aggregato di fabbricati residenziali ed uffici ideato dal genio visionario del fiorentino Gino CoppedĆØ. Girovagando a piedi fra torrette gotiche, volute, affreschi rinascimentali, rostri e mostri, pare di entrare in un mondo delle fiabe, e gli assurdi edifici che s’incontrano si chiamano Palazzo del Ragno e Villino delle Fate, affacciati su un’onirica Fontana delle Rane. Un mondo di simboli esoterici e di preziosi richiami all’antico, per palati raffinati, atterriti dalla societĆ di massa, desiderosi di lusso e distinzione: Gabriele D’Annunzio ed Oscar Wilde tradotti in architettura, sospesi fra mito greco e lampadina elettrica. Una Roma segreta ed affascinantissima, da amare nei dettagli, seduttrice come un’antica boccetta di profumo.
ModalitĆ di accesso: Galleria Sciarra, a due passi da via del Corso, si trova all’interno della ZTL Centro Storico, area soggetta a forti restrizioni al traffico automobilistico. Si raccomanda, pertanto, di avvicinarsi in bus (fermata piĆ¹ vicina: Corso/Minghetti, a meno di 100 metri), oppure in metro (stazione piĆ¹ vicina: Barberini/Linea A, a circa 800 metri, ovvero 10 minuti a piedi), e raggiungere quindi il sito a piedi. Gli accessi al cortile coperto sono due: da via Minghetti (a nord) o da piazza dell’Oratorio (a sud).
Orari:Ā la galleria ĆØ normalmente accessibile al pubblico in orario d’ufficio, dal lunedƬ al venerdƬ, dalle ore 9:00 alle 18:30.
Prezzi: l’ingresso a Galleria Sciarra non prevede biglietto, ed ĆØ completamente gratuito.
Consigli utili: la visita alla galleria non presenta particolari difficoltĆ , nĆ© ostacoli per persone con disabilitĆ .
Galleria Sciarra,
via Marco Minghetti 10,
00187 Roma